Il coordinatore del Cts: sì ai termoscanner nelle scuole. Metterei i lavoratori della scuola tra le categorie con priorità per il vaccino. Rischiamo di crescere una generazione di depressi
di Gianna Fregonara – Corriere della sera
Il coordinatore del Cts Agostino Miozzo ha appena partecipato alla presentazione di uno studio sul campo sui rischi di contagio a scuola, effettuato all’Istituto comprensivo Regina Elena di Roma. Tra tra settembre e novembre un’équipe di ricercatori guidati da Alberto Villani, presidente della Società italiana di pediatria, ha effettuato i tamponi a 1262 tra studenti, insegnanti e professori. «La conclusione di questo studio, il primo in Italia così approfondito, è che la scuola è un posto sicuro per bambini e adolescenti».
Allora perché il governo ha chiuso le scuole superiori?
«Non lo chieda a me. Noi come Cts abbiamo sempre avuto delle perplessità per gli effetti che l’allontanamento dalla scuola può avere anche a lunga distanza sui nostri ragazzi: se non riapriamo le scuole al più presto, rischiano di crescere una generazione di persone fragili e depresse. Ci sono migliaia di studenti che si stanno perdendo, che stanno male: ma sono purtroppo invisibili. Per non dire del gap educativo che avranno rispetto anche ai loro coetanei degli altri Paesi europei che finora hanno tenuto aperte le scuole».
Dunque il 7 gennaio di riapre, anche se la curva dei contagi non scende?
«Noi auspichiamo che si riapra il prima possibile come è scritto nel Dpcm del 4 dicembre per almeno il 75 per cento degli studenti delle superiori. Per far questo sono in corso dei tavoli provinciali coordinati dai prefetti che devono trovare soluzioni per i trasporti e i controlli sanitari e altri problemi ancora irrisolti in ambito scolastico».
Ma il professor Rezza ha detto che se i contagi non scendono è impensabile riaprire.
«Stimo il professor Rezza, non lo considero un allarmista e credo che condivida il fatto che se la curva dei contagi (e anche dei decessi) non balza a cifre preoccupanti, ma resta stabile ma continua a diminuire, bisogna riaprire».
Quando si decide?
«Non decide il Cts, questa è una scelta politica. Credo che nei primi giorni dell’anno nuovo il governo valuterà la curva dei contagi e le misure adottate per trasporti e sorveglianza sanitaria. La data del 7 gennaio non è l’undicesimo comandamento, è una data simbolica: se serve qualche giorno in più per essere pronti, si può aprire anche l’11, che è lunedì, o anche qualche giorno dopo. L’importante è che continui il lavoro dei tavoli dei prefetti che avrà un impatto importante soprattutto per le aree metropolitane».
Lì vive un terzo degli studenti.
«Se però in piccole realtà, se a Cuneo o a Caltanissetta, sono risolti i problemi dei trasporti e se le Asl saranno organizzate per un adeguato monitoraggio, penso che lì le scuole potrebbero riaprire».
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Chi è pronto riparte?
«Non capirei perché ad Alba, Sondrio, Viterbo, Rieti, se tutto sarà pronto non si debba tornare a scuola. Gli altri Comuni che magari hanno problemi irrisolti seguiranno, ma saranno spronati a trovare soluzioni. A me fa impazzire la semplificazione del problema della scuola, che può essere chiusa o aperta senza veri criteri e valutazioni che riguardino il contesto generale: è una follia lasciare i ragazzi fuori dalle aule ma permettere loro di andare al bar o in un grande magazzino. Sono scelte di una classe dirigente miope, che non ha una visione globale e non considera i danni che potranno svilupparsi».
Si potrebbe fare subito il vaccino agli insegnanti?
«Personalmente, ma è una valutazione solo mia, metterei la categoria dei lavoratori della scuola tra le priorità».
Aerazione con ventilatori a filtro e misurazione della febbre all’ingresso sono proposte per rendere le scuole più sicure, che ne pensa?
«I termoscanner, se si ritiene che diano un aiuto, ben vengano: il Cts però non ha ritenuto che fossero indispensabili. Quanto all’aerazione basta cambiare l’aria a fine lezione: anche d’inverno si può fare».