Vicenza, ex alunni rintracciano il loro anziano professore malato: «Ora lo cureremo insieme noi»
Nicoletta allerta i compagni. Per quattro giorni setaccia l’intera rete social del professore. Niente. Il prof non ha famiglia, è rimasto solo e pare scomparso, la chat di classe bolle e il quinto giorno, preoccupati, gli ex ragazzi si lanciano a sondare gli ospedali. Dopo ore concitate finalmente l’Ospedale San Bortolo risponde: «È qui, ricoverato dal 6 dicembre». Nicoletta lascia un suo recapito e in meno di tre secondi il prof richiama: «Gli chiedo come sta e lui invece, sollevato, non smette di ripetermi di prendere i suoi libri». Il tesoro di una vita,catalogato per autore. «Pensava non sarebbe più tornato». «Io ho mollato tutto e sono partita. Tra Roma e Vicenza accade di tutto – racconta Nicoletta – la mia macchina grippa a Orvieto. Dovrò buttarla via. Nel frattempo ricevo decine di messaggi. Tutti si attivano. Giorgio nelle stesse ore diventa nonno. Comico: per me ha sedici anni». Mentre si organizza la nuova vita del prof, tornano alla mente i ricordi. «Avevo 9 in filosofia. Peccato che andassi a scuola solo quando c’era il prof Gastaldi, ha dovuto battagliare per farmi ammettere all’esame» confida Nicoletta. Paola e Cinzia vanno a trovarlo in ospedale. Danila racconta: «Aveva un “guscio” austero. Poteva apparire duro, a volte addirittura sferzante.Ricordo ancora l’ansia, quando il dito indice del prof scorreva in su e in giù il registro...». Anche Paola sudava le proverbiali sette camicie: «Per me era stupefacente quante lingue straniere conoscesse bene. E la soddisfazione enorme che provavo se l’interrogazione andava bene. Non ti chiedeva nozioni, ma di ragionare, collegare, avere intuizioni ed espandere il campo di applicabilità».
Il professor Gastaldi, sempre in giacca e cravatta, faceva paura. «Sapeva però aprirsi a una socievolezza tenera, dai gesti inconfondibili – racconta Nicoletta -. Tutti ricordano il gesto tipico, infinite volte ripetuto, di offrirci un caffè prima di entrare a scuola. In ospedale ho avuto un’emozione fortissima quando gli ho visto fare lo stesso con un’infermiera. In questi giorni mi hanno scritto a centinaia. Da Torino, Roma, Stati Uniti, Inghilterra. Persino un ex allievo dalla Nasa ci ha pregato di portargli i suoi saluti». I ragazzi di allora oggi sono diventati una famiglia. L’hanno promesso. «Facciamo i turni per andare a trovarlo, ci riuniamo quasi tutti i giorni in videochiamata per risolvere i problemi pratici. Siamo adulti adesso: uniti siamo una forza stupefacente. E questo lo conforta». Il loro sogno è trasferire il professore all’Istituto Salesiano San Filippo Neri di Lanzo, poco distante da Torino. «Era lo stabile dove il prof ha frequentato il ginnasio. Oggi è diventata una Rsa». Trasferito dal San Bortolo ad un’altra struttura sanitaria veneta, ora il professore è in attesa di tornare a casa. «I soldi e tutto il resto sono l’ultimo dei problemi. Adesso che lo abbiamo ritrovato, non lo lasceremo più».