Premesso che il CGD ribadisce che• I bambini, le bambine hanno bisogno della scuola perché resta il luogo dell’incontro, della socialità, della cura soprattutto per quelli più deprivati e a rischio• I ragazzi, le ragazze hanno bisogno di “sentire la reciproca prossimità fisica”.
Non devono esserne deprivati. Hanno necessità di presenze plurali e cangianti, per la loro crescita socio-affettiva ma anche cognitiva, perché non c’è intelligenza che possa nutrirsi di nozioni “incorporee”• L’intero Paese ha bisogno di scuola Riconosciamo a questo Ministero la tenacia di un lavoro mirato a tenere aperte le scuole.
Lavoro che si è scontrato non solo con l’aggravarsi della pandemia ma soprattutto con una risposta inefficace da parte dell’organizzazione dei trasporti ed uno sfilacciamento della sanità che si è dovuta arrendere rispetto alla tracciabilità del contagio e quindi alla sua governabilità.
Respingiamo al mittente con chiarezza l’idea che la decisione della frequenza degli allievi possa essere determinata dalla scelta delle famiglie, come accade in una regione italiana.
Alla diminuzione di un diritto costituzionalmente garantito si aggiungerebbe l’idea di un servizio a domanda individuale che nega l’idea stessa di scuola pubblica.
Tra i problemi che esigono protocolli chiari c’è senz’altro la tardiva e spesso difforme modalità di gestione delle quarantene per gli allievi e le loro famiglie.
Tra i tanti problemi che la quarantena impone c’è l’isolamento di quei ragazzi costretti alla quarantena per la contiguità con un adulto positivo che per due settimane almeno vengono privati di ogni contatto con la scuola. L’individuazione di un protocollo chiaro col Ministero della Salute produrrebbe maggiore serenità nelle famiglie.
Ci chiediamo se non sia possibile effettuare screening veloci e periodici nella comunità scolastica così come avviene in Parlamento, nei ministeri, negli uffici amministrativi dei vari enti territoriali, nelle aziende pubbliche e private e tra le forze dell’ordine.
Apprezziamo la decisione del DCPM del 3 novembre che garantisce agli alunni portatori di disabilità e Bes di frequentare la scuola, ma intravvediamo un rischio pesante che è quello della ricostituzione delle classi speciali che la scuola italiana, prima in Europa aveva scongiurato dal 1992.
E’ necessario che la scuola sia sollecitata a trovare soluzioni che consentano a piccoli gruppi di frequentare per rendere il processo di inclusione reale.Siamo preoccupati per i dati sull’emergenza educativa, sull’ impoverimento generale e la DAD, quando utilizzata, ha amplificato disuguaglianze ed emarginazione.
Ancora ritardi nell’attivazione di reti che consentano la connettività di tutte le scuole. Il diritto alla connessione deve essere il nuovo diritto praticato e praticabile per tutti gli studenti italiani.
Stiamo assistendo sempre più spesso ad una scuola con torsioni pedagogiche verso una didattica autoritaria, unidirezionale, opprimente. Una didattica tutta fotocopie e paura, sia in presenza che a distanza e in modo diffuso.
Accade in troppi luoghi educativi che ci si limiti a subissare bambini e ragazzi di ordini, regole e regolamenti, che venga loro chiesta obbedienza, ma non responsabilità e tantomeno partecipazione. La fruizione della didattica a distanza non può non tener conto di tempi e ritmi diversi: non sono sostenibili 5/6 ore di lezione; tra l’una e l’altra deve essere codificato un giusto intervallo.
E’ questo l’appello che proviene anche dal mondo della pedagogia.Si apre lo scenario della valutazione: una scuola che usa strumenti rinnovati non potrà riproporre compiti ed interrogazioni della scuola tradizionale come strumento valutativo. E’ necessario che il Ministero si esprima sul tema con Linee guida adeguate.
E tutto questo conduce al capitolo della formazione degli insegnanti: alla generosità a volte caotica dei primi mesi deve seguire una sistematizzazione dell’uso delle nuove tecnologie nella scuola: l’uso della tecnologia modifica il processo cognitivo, ha modalità e procedure proprie che vanno usate in modo adeguato se vogliamo garantire l’apprendimento.
Fonte: CGD