Qual è la scelta che abbiamo davanti: aprire o non aprire? Come aprire? Aprirà una scuola o un centro di distanziamento fisico e sociale?
30 maggio 2020
Ho quindi 5 domande di carattere strettamente sanitario rispetto alla scuola dell’infanzia che vorrei porre ai membri del CTS o ad altri esperti dell’ambito medico, perché semplicemente queste indicazioni non consentono a oggi l’organizzazione efficace della pianificazione della riapertura.
Un metro lineare, che cosa significa?
La distanza di un metro lineare (significa circa 3 mq o più a bambino? Non è chiaro dal documento o almeno io non l’ho trovato chiaro per una misura così determinante) è strettamente vincolante per i bambini della fascia 0-6? Non è in alcun modo possibile un contatto più ravvicinato tra bambini e tra adulto-bambino?
Materiali didattici e giochi, che prassi di igienizzazione devono seguire?
I materiali didattici, di gioco, manipolativi, i libri, la carta, le colle, gli attrezzi per lo sviluppo psicomotorio sono strumenti ineliminabili e indispensabili per la pratica didattica al nido e alla scuola dell’infanzia. I giochi esterni, la sabbiera, gli scivoli, le altalene della scuola che prassi di igienizzazione devono seguire? Quali prassi di igiene e di condivisione ci devono essere? Tutto viene lasciato alla decisione della singola scuola? Nel documento manca una linea guida sanitaria su questo aspetto determinante per l’organizzazione del tempo scuola e del tempo educativo. Possono essere utilizzati da più bambini? Deve esserci un uso strettamente individuale per garantirne l’igiene? Quanto è reale il rischio di trasmissione virale tramite oggetti didattici in una giornata scolastica (prevedendo una sanificazione a fine giornata)?
La didattica e le prassi educative nella fascia 0-6 sono strutturate rispetto ad una triade fondamentale: il bambino impara e si sviluppa facendo scoperte (esperienza euristica), giocando (e. ludica) e relazionandosi con gli altri (e. collaborativa). La distanza fisica di 3 mq e l’impossibilità di utilizzare materiali comuni impedirebbe completamente il gioco collaborativo, la relazione diretta e gran parte del gioco euristico. A fronte di un tempo extrascolastico passato in luoghi e situazioni di gruppo (si pensi alle attività sportive ripartite anche a livello di squadra o ai parchi giochi pubblici) è possibile a scuola avere una linea guida più specifica per l’uso sicuro di queste attrezzature?
L’uso della mascherina è sufficiente?
La protezione e la sicurezza sanitaria dei bambini e del personale adulto e dei familiari sono garantiti dal solo uso della mascherina per gli adulti? A oggi non esiste un piano nazionale o locale che tenga conto delle 3T “testare, tracciare, trattare”. A scuola non è necessario misurare la temperatura e per i bambini sotto i 6 anni non è necessario mettere la mascherina.
In una scuola dell’infanzia media di una città italiano sono presenti giornalmente circa 30 adulti tra insegnanti, assistenti, personale ATA, personale amministrativo, cuoche o responsabili della ristorazione, coordinatrici e dirigenti. Più tutti i familiari (spesso nonni, non mamme e papà) che accompagnano all’entrata e all’uscita i piccoli. Queste misure sono sufficienti a garantire la sicurezza di tutti? La soglia di 6 anni alla scuola dell’infanzia vuol dire che avremo alcuni bambini con la mascherina e altri senza. I bambini in uscita che l’ultimo anno compiono i 6 anni (nei mesi tra gennaio e giugno) devono indossarla? Questa diversità ha senso? Forse conveniva non indicare un’età, ma un percorso scolastico completo.
Il contatto fisico non è eliminabile, che fare?
Nella fascia 0-6 il contatto fisico non è eliminabile. I bambini non sono autonomi, devono essere fisicamente aiutati a compiere azioni quotidiane ricorrenti (andare in bagno, vestirsi/svestirsi, mangiare, dormire, solo per citare i primi e ineliminabili momenti). Ci sono indicazioni specifiche che tutelino le insegnanti e le educatrici e il personale ATA? Questo oltre agli aspetti relativi a bambini con disabilità che in minima parte vengono presi in considerazione nel documento, e che di fatto isolano in un duopolio assistente-alunno con disabilità il processo di inclusione, rendendolo di fatto disfunzionale.
Pensiamo solamente all’inserimento scolastico dei nuovi alunni al nido o al primo anno di scuola dell’infanzia. Il familiare porta il bambino a scuola, il momento del distacco viene gestito da un’insegnante con mascherina o con altre protezioni aggiuntive nel caso di disabilità: il pianto è prolungato o inconsolabile, come deve gestire sanitariamente parlando questa dinamica quotidiana (non eccezionale) l’insegnante senza contatto fisico? A quali rischi, se rischi esistono, va incontro?
L’identificazione delle sindromi, come comportarsi?
Quotidianamente in una scuola e in un asilo nido emergono (ma molto spesso entrano già così nella struttura) bambini con diverse sindromi stagionali, allergiche, influenzali, oltre ai banali raffreddori, febbriciattole, sindromi intestinali, ecc. Quali prassi deve seguire un’educatrice o un’insegnante quando riscontra queste situazioni? Come distingue un potenziale pericolo di Covid-19 da una normale influenza in presenza di febbre? Quali strumenti ha per farlo? Esistono prassi specifiche da seguire nei confronti della sicurezza degli altri alunni e del personale adulto oltre che ovviamente del bambino stesso?
Aprire o non aprire: le risposte necessarie per pianificare
Non ho posto queste domande in forma provocatoria, penso che la quotidianità scolastica della fascia 0-6 sia assolutamente peculiare e senza maggiori dettagli sanitari non sia possibile pianificare realmente una riapertura.
Non rispondere a questi interrogativi che tutti gli operatori della fascia 0-6 si pongono significa sostanzialmente affidarsi alla fortuna e al buon senso? L’autonomia delle scuole nel trovare le misure organizzative è sacrosanta e auspicabile, ma le indicazioni sanitarie non possono essere interpretate in maniera individuale a seconda di una prevalenza di ottimismo o pessimismorispetto all’evoluzione della crisi sanitaria.
Non rispondere significa concordare sin dal principio che ciò che va ad aprire non è scuola, non è educazione. È un servizio di pura assistenza oraria fatta nei locali scolastici per chi non ha dove lasciare i figli. Un obiettivo che nulla a che fare con le indicazioni nazionali per la scuola e con i Diritti dei bambini. Si può essere d’accordo che sia giusto così in questa emergenza, basta essere molto chiari con le famiglie, con le aspettative educative delle stesse e con le responsabilità del personale scolastico ed educativo.
Di fronte alla più grande crisi sanitaria dell’ultimo secolo le scuole non possono essere abbandonate (con tutta la responsabilità anche legale) a criteri organizzativi che non siano basati su una visione chiara di misure sanitarie adeguate al proprio contesto scolastico. Certamente la task force ministeriale che sta stendendo le indicazioni per l’organizzazione delle scuole darà altri strumenti in più, ma ci sono ancora risposte sul piano sanitario da dare, specie per questa fascia specifica.
Qual è la scelta che abbiamo davanti: aprire o non aprire? Come aprire? Cosa aprirà una scuola o un centro di distanziamento fisico e sociale? La risposta deriva dalle norme sanitarie e dalle esigenze di saluta pubblica e privata.
Fonte: Edizioni Centro Studi Erickson