«Capitano mio capitano». Il preside sorride. Però dice che non è andata come si può pensare. Che quella frase gli alunni del suo liceo gliel’hanno ripetuta ad alta voce ma che non era una citazione del film L’Attimo Fuggente (la scena in cui gli studenti salutano il professore Keating — interpretato da Robert Williams — mentre esce dall’aula salendo sui banchi). Keating, il prof amato dagli allievi per i suoi metodi non convenzionali. Il prof che li esortava ad essere liberi e creativi. In fondo in fondo, qualche analogia con il preside c’è.
Il preside in questione è Aluisi Tosolini del Liceo scientifico musicale e sportivo «Attilio Bertolucci» di Parma. Il primo settembre andrà i pensione. E fino a qui nulla di strano. Ciò che ha fatto notizia è un conseguenza. Pochi giorni, fa in occasione del saluto di fine anno, il preside ha ricevuto un festa che non si aspettava. Tra le lacrime e la commozione di alunni e professori. La notizia è stata ripresa anche dai giornali locali. I ragazzi gli hanno regalato un piccolo ulivo e hanno composto dei cartelloni con scritto una citazione di Nietzsche: «Occorre avere molto caos dentro di se per avere una stella che danza».Insomma, una festa d’addio che il preside ricorderà. E che contrasta con altre storie, meno positive, di presidi e alunni.
Tosolini, friulano, è arrivato a Parma da giovane per studiare Teologia all’Università. Ha fondato il Liceo scientifico sportivo e musicale nel 2008. Certe volte gli viene da dire che dirige un circo. Nel senso migliore del termine. «Se mi si chiede quale è il segreto per dirigere una scuola che funzioni rispondo: far rispettare l’articolo 3 della Costituzione. Tutti devono diventare cittadini liberi, attivi e critici». Elenca il suo metodo. «La mia scuola è sempre aperta, anche al termine dell’orario, senza che ci sia una vigilanza dell’adulto. Gli alunni possono restare per studiare, mangiare la pizza, incontrare altri compagni, leggere». Recita il suo slogan: la scuola deve far diventare tutti attori e non spettatori. «Significa farli sentire protagonisti. Ho messo l’ufficio di presidenza in uno spazio del corridoio, vicino alle macchinette del caffé, nel posto più incasinato della scuola. Un dirigente che sta in mezzo, che fa colazione con gli studenti alla macchinetta dà l’idea di una comunità». C’è il gruppo dei volontari, ci sono gli alunni che puliscono il cortile, quelli che raccolgono cibo per le associazioni equo solidale. «I miei studenti ci tengono alla loro “casa”. La ridipingono, la abbelliscono con opere d’arte. Una classe non può essere gelida, un’aula non può aver i muri bianchi ospedalieri».
Il preside vanta un curriculum denso di incarichi ministeriali e pubblicazioni (è il Coordinatore delle scuole di pace, ha fondato il movimento «Avanguardie educative»). Ha cominciato il suo percorso di formazione dentro la congregazione religiosa dei Saveriani.Voleva fare il missionario e seguire le orme dei suoi due fratelli (uno è stato a Taiwan, l’altro 20 anni in Giappone). Dopo i primi due anni all’università ha lasciato la congregazione: «Ho pensato che sarei potuto diventare un missionario in altro modo». E si è dato all’insegnamento.
Parla come un visionario. «Si deve abbandonare il modello tardo industriale. La scuola non è una catena di montaggio dove si ammonticchiano saperi anche sconnessi. Il mondo non solo va capito ma anche trasformato». Risponde (indirettamente) ai suoi colleghi, quelli che lamentano come nel mondo di oggi gli alunni non rispettano le regole. L’uso dei telefonini in classe, l’abbigliamento… «Ad ogni nostro studente viene dato l’indirizzo di posta elettronica aziendale e gli vengono fornite delle istruzioni. A quelli di prima offriamo un corso in cui spieghiamo quali sono le regole. Da noi il telefonino è uno strumento didattico che usiamo quando serve, in caso contrario lo si spegne. Sarebbe una cazzata vietarlo. I l dress code? Si potrebbe fare ma credo sia più importante far capire che c’è una forma di rispetto reciproco. Se no a che serve la scuola?».
6 giugno 2022 (modifica il 6 giugno 2022 | 16:22)